Landing the bird (prima parte)

Pic: Nate

… e, dopo qualche ora di volo (più o meno) rettilineo orizzontale si arriva a destinazione.

Perché tutto quel fumo, accidenti? (pic: jordanvuong)
Perché tutto quel fumo, accidenti? (pic: jordanvuong)

L’aereo è un oggetto strano: parte da fermo, decolla abbastanza piano, vola veloce e atterra quanto più lentamente si può.

Parte da fermo per ovvi motivi che non sto ad elencarvi. Decolla piano perché le piste non possono essere lunghissime. Vola veloce perché tutti vogliamo arrivare a destinazione in poco tempo. Atterra di nuovo lentamente perché le piste sono le stesse da cui si decolla.

Per darvi un’idea, un Airbus A320 a pieno carico decolla attorno ai 160 nodi, con una V1 di 156 nodi: circa 300 km/h (fonte: a320 performance datasheet). Durante il volo si viaggia a 0.8 mach, l’80% della velocità del suono, che ad una quota di 32000 piedi (9800 metri) vale 480 nodi (800 km/h). Lo stesso aereo atterra fra i 140 e i 110 nodi (200 - 250 km/h).

Anche gli aeroplanini monomotore hanno le stesse caratteristiche: un Cessna C172 decolla fra i 55 e i 65 nodi (100 km/h) e viaggia a 110 nodi (200 km/h).

Come si fa quindi a costruire un aereo che sia allo stesso tempo veloce ma lento, e che in contemporanea consumi il meno possibile? Le ali hanno un’efficienza alta (ovvero una resistenza bassa) solo per un campo di velocità di progetto molto ristretto. A tutte le altre velocità l’aereo vola male: offre più resistenza del dovuto e consuma di più.

Allo stesso tempo la velocità di stallo deve essere mantenuta al livello più basso possibile, in modo da permettere decolli e atterraggi in sicurezza: nessuno vuole che l’aeroplano caschi come una pera a 10m di altezza dalla pista. Il problema è che le ali veloci (ed efficienti ad alta velocità) hanno una velocità di stallo più alta delle ali lente (che offrono più resistenza ad alta velocità)!

La soluzione più diffusa è quella di modificare la forma dell’ala a seconda della necessità. Per compiere questo piccolo miracolo di ingegneria si utilizzano due superfici mobili: i flap e gli slat.

I flap modificano il cosiddetto bordo d’uscita dell’ala. Gli slat modificano il bordo d’attacco. Il risultato della combinazione dei due elementi rende l’ala più adatta a volare a basse velocità, riducendo la velocità di stallo e garantendo quindi un maggior margine di sicurezza durante il volo lento. In questo modo si può atterrare lentamente, risparmiando freni, pneumatici e utilizzando piste più corte. La **Vref*, *velocità da mantenere sorvolando la soglia della pista, viene calcolata proprio come 1,3 volte la velocità di stallo, e quindi garantisce un margine di sicurezza del 30%. Questo serve a coprire eventuali variazioni di velocità dovute a raffiche di vento, errori di controllo, eventuali manovre di emergenza.

I flap non sono da confondere con gli aerofreni (o spoiler): questi ultimi servono a far perdere velocità all’aereo in modo rapido, sia durante le fasi di volo che dopo l’atterraggio.

Spoiler (sulla parte superiore dell'ala) e flap estesi dopo un atterraggio (pic: Hyougushi)
Spoiler (sulla parte superiore dell'ala) e flap estesi dopo un atterraggio (pic: Hyougushi)

Tratterò la parte operativa dell’atterraggio in uno dei prossimi articoli; nel frattempo - come sempre - vi invito a scrivermi le vostre curiosità e domande.

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Commenti

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Volare dritti

Ok, siamo decollati qualche post fa. Stiamo salendo con i motori al massimo, ma il controllore ci informa che dobbiamo mantenere una certa quota per ragioni di traffico. Con la massima naturalezza abbassiamo il muso, riduciamo la potenza erogata dai motori e manteniamo la quota (“livelliamo” l’aeroplano).

Landing the bird (seconda parte)

Abbiamo visto nella prima parte come fa un aereo ad essere così versatile da permettere atterraggi a velocità relativamente basse. Ma cosa succede operativamente quando un aeroplano deve essere portato in pista in sicurezza, alla velocità giusta e possibilmente in modo confortevole per i passeggeri?