Abbiamo visto nella prima parte come fa un aereo ad essere così versatile da permettere atterraggi a velocità relativamente basse. Ma cosa succede operativamente quando un aeroplano deve essere portato in pista in sicurezza, alla velocità giusta e possibilmente in modo confortevole per i passeggeri?
La fase di volo che precede l’atterraggio si chiama avvicinamento. L’aereo viene rallentato dalla velocita di crociera ad una velocità più bassa, studiata solitamente per permettere ai controllori di volo di gestire il traffico in modo sicuro e snello. Questo rallentamento viene gestito dai piloti, che devono far perdere energia all’aereo nel modo più preciso possibile.
Un aereo che scende, però, tende a guadagnare velocità. Pensate ad una pallina che scende lungo un piano inclinato: continuerà ad accelerare, a meno che non ci sia qualcosa lungo il piano che opponga la giusta resistenza.
La resistenza che tende a frenare l’aereo è quella aerodinamica, ma a volte, per vari motivi, non è sufficiente per ottenere la velocità desiderata: si aumenta quindi la resistenza dell’aereo sporcando il profilo alare con gli aerofreni.
Durante l’avvicinamento si inizia a configurare l’aereo per l’atterraggio. Come abbiamo gia detto, l’uso di flap e slat è necessario per render l’atterraggio più sicuro, ma nel frattempo aumentano la resistenza dell’aereo, aumentando i consumi. Per questo motivo l’inserimento di queste superfici avviene in modo graduale durante le ultime fasi dell’avvicinamento; i flap tra l’altro non si possono estendere sempre, ma solo al di sotto di una certa velocità.
L’aereo, a meno che non stiate volando su un idrovolante, ha anche bisogno di ruote con le quali appoggiarsi sulla pista. Il carrello di atterraggio viene abbassato solo nella fase finale dell’avvicinamento, perché offre moltissima resistenza aggiuntiva. Questo è lo stesso motivo per cui il carrello viene alzato subito dopo il decollo, non appena si è certi che l’aereo stia salendo.
L’avvicinamento viene condotto mantenendo l’aereo su un piano di planata (glideslope), inclinato di circa 3 gradi.
Tutta la fase di avvicinamento può essere fatta a vista (visual approach), facendo affidamento a riferimenti esclusivamente visivi sulla pista. Accanto alla soglia nella maggior parte dei casi si trova una serie di luci che indicano quanto l’aereo è alto o basso rispetto al glideslope. Ci sono varie tipologie di segnalazioni, ma la più diffusa è il PAPI (precision approach path indicator); questo strumento mostra 2 luci rosse e 2 bianche se l’aereo si trova sul glideslope, 3 o 4 luci rosse se è basso 3 o 4 luci bianche se è alto.
In caso di bassa visibilità ci si affida agli avvicinamenti strumentali. Gli avvicinamenti ILS (instrumental landing system) permettono al pilota di conoscere in ogni momento la posizione dell’aereo rispetto al glideslope. In tutti i casi esiste una quota di decisione (decision height, o DH): se alla DH non si vede la pista, si riattacca (go-around) e si riprova un avvicinamento dopo aver eseguito una procedura di mancato avvicinamento (missed approach) che è pubblicata sulle cartine di avvicinamento.
Ma di ILS e di missed approach parleremo fra qualche giorno, nella terza parte dedicata agli atterraggi.
… e, dopo qualche ora di volo (più o meno) rettilineo orizzontale si arriva a destinazione.
Di recente il mondo giornalistico si è occupato di alcuni casi di emergenza carburante per voli della (ach!) low cost Ryanair sull’aeroporto di Madrid, millantando panico, aerei che si fermano in volo, compagnie che licenziano chi carica troppo carburante (no, non sto esagerando, è tutto su un articolo su corriere.it).